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VILLA SORDI M'HAI PROVOCATO E IO TI VISITO

28-10-2020 06:15 - News Generiche
Dai camici del dottor Tersilli alla Harley Davidson dell'Americano a Roma. La dimora di Albertone mette in mostra i segreti e le passioni dell'attore.
Era nato a Trastevere, in via San Cosimato. Ma la casa dove Alberto Sordi ha vissuto dal 1958 e dove si è spento nella notte tra il 24 e il 25 febbraio 2003 è una grande villa, in alto, nel verde, che si affaccia da un lato su via Druso e dall’altro su piazza Numa Pompilio, vicino alle Terme di Caracalla.
La casa, questa, del Sordi attore affermato e amatissimo, sua dimora di prestigio e suo rifugio.
La villa viene oggi per la prima volta aperta al pubblico che fino al 31 gennaio 2021 potrà visitare la mostra qui allestita, Il Centenario–Alberto Sordi 1920-2020 (foto), a cura di Alessandro Nicosia con Vincenzo Mollica e Gloria Satta.
L’esposizione, realizzata per i cento anni dalla nascita di Sordi e che si sarebbe dovuta inaugurare lo scorso marzo, occupa le varie sale della villa, i giardini, dove sono state installate due tensostrutture, di cui una sopra la piscina, e prosegue anche nel teatro dei Dinosauri, in zona Quirinale, dove viene proposto in particolare il Sordi di Storia di un italiano, de I viaggi nel mondo e del Mito americano.
La mostra consente di ripercorrere tutta la carriera di Albertone, dagli esordi, tra teatro, radio, doppiaggio, al grande, sconfinato successo che lo porterà a realizzare nel corso di sessant’anni di carriere oltre 150 film. Ma forse ciò che desta maggiore interesse e curiosità, che ha già fatto superare le 25 mila prenotazioni, è proprio la possibilità di visitare la casa di Sordi, l’emozione di poter entrare nella sua dimensione privata, quotidiana, tenuta sempre riservata, gelosamente protetta.
Ci si ritrova così fra centinaia di oggetti di famiglia, pezzi d’arte, copioni, foto, lettere, premi, bozzetti, oggetti di scena e costumi, buona parte del guardaroba del Marchese del Grillo, i camici del dottor Tersilli, la divisa del Vigile, l’Harley Davidson di Un americano a Roma.
Una villa progettata negli anni Trenta da uno dei maggiori architetti dell’epoca, Clemente Busiri Vici.
Nel ’54 Sordi aveva ormai raggiunto un successo enorme. Aveva scartato altre ville sull’Appia Antica, dove pure abitavano personalità come Ponti e Sophia Loren, Liz Taylor e Richard Burton, ritenendole troppo lontane dal centro, ma quando vide la villa di via Druso ne fu immediatamente conquistato.
E, avendo, la possibilità di sborsare dieci milioni di lire in contanti, come esigeva il proprietario, Alessandro Chiavolini, già segretario particolare di Mussolini, la soffiò a Vittorio De Sica che pure se ne era innamorato e che, dicono, ci rimase malissimo.
Dopo tre anni di lavori, tra fine ’57 e inizi ’58, Sordi va a vivere nella villa, insieme alle sorelle Savina e Aurelia.
Al piano terra, ha fatto costruire un elegante teatrino, impreziosito da sette sculture di Andrea Spadini, rappresentanti le arti liberali, mentre i fondali sono opera di Gino Severini, sui temi del Cafè Chantant.
E in questo gioiellino, bello perché la bellezza doveva regnare nella casa della sua vita, arrivavano tutti gli attori dell’epoca, da Gina Lollobrigida ad Anna Magnani, mentre il maestro Piero Piccioni si esibiva al pianoforte, un prezioso Bechstein a coda.
Spettacoli, feste, divertimento ma soltanto fino al 1972.
Quell’anno muore l’amatissima sorella Savina e da quel giorno Sordi chiude la villa e non vi fa entrare quasi più nessuno.
Il percorso espositivo, tra piano terra e primo piano, porta a scoprire anche un salotto soggiorno, con tre quadri di De Chirico alle pareti, acquisiti direttamente dal pittore, conosciuto al Caffè Greco e diventato suo amico e ancora studio, dove fanno bella mostra tutti i premi vinti, e camera da letto, cn una poltrona inginocchiatoio. Tutto, assicurano i curatori, lasciato com’era.
Sorprendenti la “palestra” e la “barberia”. Nella prima vari attrezzi tra cui una cyclette e un cavallo meccanico, con cui ingaggiava gare con gli amici, mentre nella barberia, una vera poltrona da barbiere e ampi specchi ne fanno una sorta di camerino privato.
In giardino si staglia la sagoma di un cavallo, in gesso, Nestore, ricordo di una delle ultime pellicole, Nestore, l’ultima corsa, girate dall’Albertone nazionale.

Fonte: Beatrice Bertuccioli – La Nazione


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