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I DOLCI DELLA TRADIZIONE

16-02-2021 06:35 - News Generiche
Il forno era un casotto addossato al muro della casa, riparato d’estate da un grande fico.
Nonna Maria ci cuoceva il pane, le schiacciate di Pasqua, le focaccine con l’uva e, a carnevale, i corolli e i cantuccini.
Nonna stretta nel suo grembiule che le fasciava i fianchi appena pronunciati, preparava la legna e accendeva il fuoco nella tarda mattinata.
Ci voleva un’ora o forse più perché fosse caldo e, altro tempo, per pulirlo dalla fuliggine.
La ricordo svelta e indaffarata, andava e veniva dal forno alla cucina e controllava.
Intanto, in cucina le zie disponevano sul tavolo di marmo bianco, uova, farina, zucchero, mandorle e semi di anice e con gesti rapidi e sicuri, impastavano. Davano, poi, forma a dei bei sfilatini, che una volta cotti e tagliati, sarebbero diventati dei gustosi cantuccini.
Per i corolli, invece, facevano dei cerchi con il buco in mezzo. Come la corolla di un fiore, dolce e profumato.
Appena pronti, venivano sistemati in grosse teglie e con la pala, spinte dentro. Una piccola sequenza perfetta di momenti che rendeva l’attesa magicamente dolce. Si trattava solo di aspettare: bocca spalancata e sguardo fisso sul fuoco, ci lasciavamo cullare da un calore intimo che non ho più provato.
Appena erano cotti, la nonna aspettava che si freddassero e li disponeva in una cesta di vimini: i corolli da una parte e i cantuccini dall’altra.
Noi aspettavamo in cucina, intorno al tavolo di marmo bianco.
La luce bassa del sole entrava illuminando i nostri occhi, avidi e impazienti e le nostre mani, pronte a ricevere l’atteso biscotto.
Era l’ora della merenda, la nostra quotidianità fatta di migliaia di queste piccole perfezioni.
Poi seduti sul “canto” (una specie di panchina in mattoni che delimitava il camino), si viveva la festa.
E nonna riordinava la cucina, ci guardava e ci sorrideva.

P.B.

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