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PRIMO MAGGIO: FESTA D'ALTRI TEMPI

01-05-2021 05:30 - News Generiche
Era una bella festa. Importante, sentita, partecipata.
Il paese si vestiva di rosso e i terrazzi si addobbavano con cura, portando nell'aria un profumo di primavera già sbocciata da settimane.
Erano gli anni Sessanta e i primi dei Settanta.
Il terrazzo di Gualberto Braccini, vicino alla bottega della “Nandina”, era un tripudio di bandiere.
Russo Parenti ad ogni finestra esponeva una bandiera e Renzino poneva l'accento su quella multicolore della Pace.
Davanti alla calzoleria Igea, “Piripicchio” faceva sventolare un imperioso bandierone rosso fuoco e, i terrazzi del Sindacato, traboccavano di vessilli. Erano numerose sul corso e nelle vie limitrofe, specialmente nella via del “Calore” le bandiere alle finestre.
Il “Quartier Cinese” non era da meno e, lungo viale Buozzi, erano innumerevoli le bandiere rosse, soprattutto alla Cellula Gramsci e all'abitazione di Elda Ciabattini, posta quasi all'incrocio con via San Tommaso.
La festa del Primo Maggio era stata “introdotta” dalla ricorrenza del 25 Aprile.
In quella settimana, infatti, venivano esposti striscioni lungo il corso Mazzini.
In piazza Garibaldi, davanti al bar Greco e a pochi metri dal chiosco di Fiora, veniva distribuito il garofano rosso, simbolo della giornata di festa, portato all'occhiello dagli uomini e tenuto in mano dalle donne.
Verso le 7 del mattino, l'annuncio del “gran giorno” veniva dato la fanfara. Era uno spettacolo.
La sera precedente, prima di andare a letto, la mia mamma mi diceva: “Domattina passa lo zio Merlo”.
Si trattava di uno dei due fratelli di mio nonno Giuseppe, appunto Merlo; l'altro era Durante, padre di Vally, moglie dell'allora sindaco Adrio Puccini. Lo zio Merlo era uno storico componente della fanfara insieme a Tonino (il Babbeo) e di suo figlio, il tamburino Ernani.
Nel silenzio della mattinata si udivano in lontananza nel corso, le note delle marcette, proposte dalla fanfara che, lentamente si avvicinava fermandosi a bere nei bar con, tappa obbligatoria, il Sindacato da dove poi ripartiva verso il “Quartier Cinese” per un trionfale ingresso da viale Buozzi. La gente, seppur assonnata, si affacciava volentieri alle finestre, in quelle limpide e terse giornate di primavera.
Di una primavera di altri tempi.
Il rientro in paese della fanfara era il preludio all'imminente partenza da piazza Matteotti del corteo dei lavoratori.
Santa Croce lo viveva con stati d'animo, seppur diversi, a secondo delle idee politiche, come un giorno di festa per tutti.

Marco Lepri

Nella foto: trattori in piazza del Popolo.



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