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UNA SERATA INFUOCATA! CIAO, GRANDE LUCA!

17-12-2020 12:00 - News Generiche
Era novembre inoltrato e quella sera al bar c'era un po' di monotonia.
Era un lunedì sera eravamo rimasti in pochi al bar.
Era quasi mezzanotte, era da poco finito il processo del lunedì con Biscardi, a quel tempo molto seguito.
Tanto che assistevamo a infinite discussioni sia tra i partecipanti alla trasmissione che tra quelli che erano al bar, in special modo tra Spartaco e l'Aci.
Le loro "letiate" erano un must. Quando cominciavano ci toccava uscì fuori dal bar (foto) e un ci si faceva a reggili.
Insomma, finita la trasmissione, Spartaco aveva chiuso il bar e ci aveva lasciato fuori. Eravamo rimasti in pochi come al solito a parlare del più e del meno, perché quando si è giovani, non si trova mai il verso di andare a letto.
Lì fuori erano rimaste le macchine del Mela, del Pelle e del Caramelli Franco e la vespa del Masoni Luca che erano andati a fare un giro; e anche la macchina della sua sorella Cinzia, parcheggiata vicino alla vespa del Masoni stesso, accanto al bar.
E poi c'eravamo noi, il Puccio, il Deidda Maurizio, Pelo, io, il Kojak, il Biacco, Cassio e Tonicello, il Pavolucci e qualcun altro che adesso mi sfugge il nome. Davanti al bar c'era la piazza del Comune con il suo prato e i suoi pini e proprio quella sera, il vento lì aveva ammucchiati lungo i marciapiedi. Eravamo sempre pronti a sfruttare la nostra fantasia. E quella sera toccò a Cassio.
Si girò guardando la vespa del Masoni e disse: “Ma perché non facciamo una bella fava con quegli aghi di pino e poi gli si dà fooo con la benzina della vespa del Masoni?".
Non aveva neanche finito di pronunciare la frase, che il Puccio era già partito a prendere gli aghi di pino.
In poco tempo avevamo formato un enorme fava vicino alla vespa del Masoni.
Non ci restava che tirare su la sella, aprire il serbatoio, pendere la vespa e, con la benzina, versarla su tutto il perimetro della fava.
Non fu operazione semplice perché la vespa pesava non poco, ma eravamo in parecchi.
Avevamo quasi terminato, che Cassio con l'accendino impaziente di dare fuoco, accese prima che avessimo terminato.
Una enorme vampata avvolse subito la vespa: fortunatamente riuscimmo a lasciare subito la presa e ci allontanammo istintivamente.
Oramai il fuoco usciva con fiammate indescrivibili, anche perché aveva il serbatoio quasi pieno.
Prima di scappare il Puccio, io, il Kojak e il Biacco, spingemmo indietro dalla vespa, la macchina della sorella del Masoni; avevamo paura che si innescasse una reazione a catena e ce la demmo a gambe levate.
Ritornammo dopo un po' affacciandoci dalla chiesa di San Rocco, vedendo un lampeggio tra pompieri e carabinieri, insieme a un nutrito numero di persone intorno.
Nel frattempo mentre noi eravamo scappati, il povero Lampo che abitava sopra il bar di Spartaco aveva incominciato a tirare secchi d'acqua a più non posso dalla finestra, in direzione della vespa perché aveva paura che le fiamme alte fino al primo piano, gli arrivassero dentro l'appartamento.
Ci facemmo coraggio e, quatti quatti, ci avvicinammo facendo la parte, con i visi dello stupore in mezzo alla gente, pompieri e carabinieri, in quel buio acceso dal blu dei lampeggianti e da un fumo e un odore acre che si respirava nell'aria.
Davanti a noi la vespa era oramai un catorcio rinseccolito quasi irriconoscibile.
Nel frattempo, quasi a farlo a posta, arriva una macchina, la macchina del vecchio Bigio, si aprono gli sportelli e scendono il Melai, Franco Caramelli, il Pelle e il Masoni che, mentre si avvicina a noi e con il suo inconfondibile vocione fa: “Noo l'hanno fatta grossa”.
I carabinieri che erano lì vicino gli si avvicinano e gli dicono: “Lei sa qualcosa?".
E lui: “E' mia la vespa” e lì ci lascio andà un popò di moccolo...
L'appuntato, rivolgendosi al Masoni: “Stia calmo” e il Masoni: “Sto calmo una sega, tanto la vespa un è mia tua. Bada lì, un c'è rimasto più nulla”. Allora l'appuntato più direttamente, gli disse: “Sa se qualcuno c'è l'ha con lei?”.
E lui: “Ma so una sega, io so solo che un c'ho più la vespa”.
Aveva senza dubbio intuito chi poteva essere stato, guardandoci negli occhi come a domandarci: “Ma che cazzo avete fatto?”.
Morale: ci toccò rifargli tutta la vespa dallo Zocchi e, devo dire che fece anche un bel lavoro, gli ritornò più nuova di prima e, quella serata un pò noiosa ci costò parecchi soldi. Ma le risate che facemmo al bar i giorni a seguire passarono sopra a tutto.
Tanto greggi s'era e greggi si restava, ma diassa...che popò di cervelli che s'aveva!

Da "I Greggi raccontano"


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