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NEL RICORDO DELL'ALLUVIONE DEL 1966

05-11-2021 06:00 - News Generiche
Il fiume Arno scorreva minaccioso trascinando tronchi di ogni genere e dimensione.
Vedevamo sulla riva opposta gruppi di persone (non c'erano isole fitte di vegetazione e, la draga ancora in funzione, liberava il letto del fiume).
Affacciate all'argine riuscivamo a toccare l'acqua con la punta dell'ombrello.
Un vento da est annunciava ancora pioggia. Tornammo a casa che era quasi buio. In molti eravamo andati a vedere l'Arno e con grande sgomento e preoccupazione era giunta la notizia dell'alluvione a Firenze.
La mattina dopo quando ci affacciammo dal lucernario della soffitta rimanemmo sbalordite.
Sommersi i campi, gli alberi, (spuntava la chioma più alta), le stalle, gli ovili. L'acqua arrivava al primo piano e in alcune zone lambiva le finestre. Acqua ovunque.
La campagna ci apparve come un mare grigio, immenso e senza onde, smosso solo dal passaggio dei gommoni e delle carcasse degli animali. Nell'aria umida e stagnante, che odorava di nafta e di marcio, riecheggiava il lamento di povere bestie che invano avevano cercato aiuto e ormai prossime a morire.
E quando calò la sera, tutto divenne ancora più buio. Ovunque era saltata l'elettricità, solo il tremolio di qualche candela cercava di illuminare invano il nero della notte.
Sia la campagna che la zona industriale furono allagate con danni e perdite ingenti, rimase salvo il centro. L'acqua arrivò fino all'inizio di via Guidi.
Zie e cugini arrivarono da noi con il gommone e con l'elicottero, atterrato in Lungarno Tripoli.
C'era bisogno di cure, di aiuti di ogni genere e nessuno si tirò indietro. Mangiavamo insieme e fra biberon e pappe affrontammo i giorni più grigi della nostra infanzia, riuscendo perfino a colorarli come solo i bambini sanno fare.
Le scuole chiuse dettero alla situazione un tono vacanziero e quasi spensierato.
Pensando a Firenze e a tutte le altre zone allagate ci sentivamo fortunati e ci stringevamo, in quelle lunghe serate autunnali, nel caldo abbraccio delle nostre famiglie un po' “allargate”.

Patrizia Bianconi

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