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QUELLE DOMENICHE AL MARE

23-07-2022 06:01 - News Generiche
Arrivava l’estate. Erano giorni di sole, di luce pura e infinita.
Di gare nell’erba alta con le lucciole che volavano via, lumeggiando a intermittenza, sempre fuori portata di un soffio, come se la terra fosse fuoco e quelle fossero faville scaturite dai nostri passi.
Giornate di noi che dalla mattina alla sera giocavamo con il respiro affannato di parole e di risate che non finivano più, mentre l’odore caldo della terra ci ritornava sul viso e si appiccicava tra i capelli umidi di sudore.
E di gite al mare. Partivamo la mattina carichi di tutto e di più. Secchielli, formine, salvagente con la papera o senza niente, ombrellone tavolino e sedie da pic-nic.
Borse piene di pane, pasta, carne, acqua e frutta. Tutto si portava, niente o quasi si comprava. E cominciava il viaggio. Le strade e le case ci correvano ai lati. Noi, ammassati sui sedili pigiati nello spazio angusto dell’auto lenta e accaldata, sudavamo in silenzio.
Di colpo il mare in lontananza, così improvviso che sembrava frutto di un’illusione.
E il vento caldo che ci scompigliava i capelli, entrando furtivo da un finestrino aperto appena.
Infine, la sabbia e le creme per proteggerci e il tuffo in acqua.
Dopo il bagno arrivava l’ora di pranzo e correvamo in pineta, lasciandoci alle spalle l’odore amaro del salmastro per respirare quello pungente di resina e di pinoli.
Il pranzo era ricco e gustoso e noi lo consumavamo affamati.
Dopo ancora, sulla spiaggia, la luce del sole splendeva e si infiltrava allegra tra le onde lievemente increspate. Finché sfiniti giungevamo all’ora del ritorno.
Giungeva al termine allora il giorno di festa.
Stanchi e senza parole riprendevamo i nostri posti, arrossati di sole e di sale. Chiudevamo gli occhi e il mondo intanto sembrava ondeggiare lieve avanti e indietro, come le onde del mare che da poco avevamo lasciato.

Patrizia Bianconi dal libro L’eco delle stagioni

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